Ogni conflitto coniugale è una collusione?


Per collusione intendo lintesa in un conflitto coniugale nevrotico. « Nevrotico » significa che i partner, in base a fissazioni interne a situazioni conflittuali inconsce risalenti all’infanzia, non sono in grado di superare le differenze, sia intenzionali che fattuali, esistenti tra loro. Non può affatto dirsi che ogni conflitto coniugale sia una collusione in questo senso.

Facciamo un esempio. Una coppia progetta le prossime vacanze. La moglie vorrebbe andare a poltrire al mare, il marito preferirebbe andare in montagna. Il marito al mare si annoia e soffre il caldo, la moglie trova la montagna troppo impegnativa e triste. Tra i partner può nascere unaccesa discussione. Ognuno può tirar fuori buoni argomenti a sostegno del suo desiderio. Fin qui si tratta di una divergenza di opinioni nella norma. Ma il litigio diventa irrazionale se l’affermazione testarda del proprio desiderio è determinata da motivi più profondi e inconfessati. Cosi può, per esempio, svilupparsi una lotta di potere, nella quale non c’entra più nulla la questione delle vacanze, ma quella di affermarsi, sospinti dal timore irrazionale che se si cede in quel momento si perderà per sempre. La paura può essere talmente grande poiché entrambi i partner, da bambini, hanno magari sperimentato che il confronto tra opinioni divergenti poteva avvenire solo nella logica dominante-dominato.

La discussione sulla scelta delle vacanze diventa una prova per verificare se il partner sia ancora innamorato, se sia ancora disposto a prestare le sue attenzioni o se invece voglia sfuggire alla vita coniugale nella quale si trova a disagio. Ma per il marito le scalate in montagna potrebbero rappresentare un tentativo di superare il suo attaccamento eccessivo alla madre, come si descrive nella letteratura psicoanalitica. Al mare, invece, teme di regredire a una situazione di passività infantile. Il litigio sulle vacanze mobilita quindi nei due partner disponibilità conflittuali più profonde e raggiunge un’intensità che non ha più nulla che vedere con l’oggetto del contendere.

In taluni conflitti coniugali quelli in gioco sono sicuramente per i partner problemi personali più profondi, ma che non necessariamente sono da ritenere nevrotici. Con laccresciuta libertà di cui oggi possono godere diventa anche più difficile ai coniugi trovare la giusta decisione in tutte le questioni della vita con le quali sono alle prese. La maggiore libertà richiede più competenza e responsabilità personale, quindi una maggiore maturità della coppia. Essa comporta insicurezza, divergenze di opinioni, una ricerca difficile, ma preziosa, delle soluzioni. La gamma dei possibili conflitti è vastissima, a partire dalle discussioni sullo stile di vita della coppia (semplice convivenza o matrimonio legalizzato?), sui figli (averli o farne a meno?), sullabitazione (in una casa propria o in una comune?), sul tipo di legame tra i partner (stretto o relativamente aperto?), sulla divisione di ruoli e funzioni (complementare o perfettamente simmetrica?), sui rapporti extraconiugali (ammetterli o pretendere la fedeltà assoluta?), ecc.

La crisi dell’età intermedia e la vecchiaia portano altri problemi. Per queste crisi non ci sono soluzioni semplici e già date, ma si tratta di affrontare un processo di maturazione e di cercare di superarle con un’opera che spesso si protrae a lungo nel tempo.

Non si possono distinguere nettamente i conflitti coniugali non nevrotici dalle collusioni nevrotiche. Ma se il superamento delle crisi coniugali è considerevolmente ostacolato da angosce irrazionali e meccanismi di difesa, si ha che fare con una collusione nevrotica. Questo, quando in un conflitto coniugale i due partner si impegnano in maniera inadeguata in un rituale stereotipato di lotta che assorbe una gran parte dell’energia psichica e non consente a lungo andare a nessuno dei due né una soluzione del conflitto né una via d’uscita dall’intreccio in cui è impigliato. La lotta può così diventare per decine di anni il contenuto stesso della vita dei coniugi, che si combattono con ogni mezzo e fanno della loro esistenza un inferno.

Dalla tensione continua possono svilupparsi malattie psicosomatiche, con conseguenze addirittura letali. Chi guarda dall’esterno non riesce a comprendere perché i partner si agitino talmente su banalità puerili e perché non traggano le ovvie conseguenze dai loro dissapori e tormenti reciproci, cioè perché non si separino. Questi coniugi si comportano spesso come pazzi, non sono disposti a discutere ragionevolmente e non sono capaci di vedere il rapporto con l’altro nella sua giusta dimensione. Continuano imperterriti a comportarsi in maniera sbagliata e ripetono in maniera stereotipata le stesse accuse e le stesse richieste, della cui inutilità avrebbero dovuto convincersi già da tempo. Ma per tutto ciò che non riguarda i loro rapporti reciproci, sono aperti, disponibili, si immedesimano, si adattano con i loro comportamenti. Nella terapia accade spesso che minaccino il divorzio, ma generalmente interrompono il trattamento nel momento in cui questo potrebbe avere delle conseguenze sulla loro relazione.

Ciò che soprattutto c’è nella collusione è un iperimpegno irrazionale di entrambi i partner, dovuto a profonde difficoltà personali. Questo iperimpegno risulta a volte difficilmente riconoscibile come anomalia comportamentale, poiché questo atteggiamento abnorme può perfino essere idealizzato a livello sociale come particolarmente valido.

Ci sono individui che, rispetto ai partner, sembrano santi o martiri, sopportano le peggiori offese e umiliazioni con imperturbabilità, si sacrificano per l’altro con abnegazione assoluta e sembrano costituire il modello della rinuncia ai propri bisogni e dell’amore per il prossimo. Questi atteggiamenti estremi sono il più delle volte da valutare secondo la reazione del partner. Se questo assume l’atteggiamento complementare, se si comporta da egoista, strafottente, buono a nulla, insensibile, si può tranquillamente supporre che la disponibilità a soffrire, a tollerare, ad aiutare è stata costruita secondo uno schema collusivo di contro-posizione polarizzata e che i partner sono reciprocamente fissati a questo atteggiamento anomalo.

Ma può pure darsi che i partner si siano talmente adattati al loro atteggiamento di difesa che la loro difesa comune si manifesta proprio nell’assenza di reazione di fronte a certe costrizioni e anomalie comportamentali. Così, una coppia accetta imperturbabilmente per anni una totale astinenza sessuale, o un’altra coppia mostra in terapia un ottimismo del tutto immotivato per il miglioramento della situazione, un’avventata disponibilità alla riconciliazione o un’improvvisa modificazione comportamentale — tutte manovre per sottrarsi il più rapidamente possibile alle esigenze del trattamento.

Ci sono spesso coppie che raccontano in modo convincente di avere goduto per anni d’una vita coniugale felice « finché… » subentrò un avvenimento apparentemente esterno al loro rapporto: la nascita d’un figlio, un cambiamento di posto di lavoro, un avanzamento professionale del marito, una nuova collaboratrice, un trasloco, il distacco dalla famiglia da parte d’un figlio, la morte d’un genitore, ecc. Questo avvenimento sembra adatto alla riattivazione della tematica che, in modo latente, era già stata una fonte di conflitti. L’avvenimento esterno sovraccarica la struttura difensiva, finora compensata, della coppia e spinge questa a un’escalation collusiva. È in questo caso fondamentale che nella terapia, da un lato, vengano evidenziate le motivazioni personali più profonde delle banalità quotidiane intorno a cui ruota il conflitto, dall’altro, mettere le difficoltà relazionali profonde dei partner in rapporto con le situazioni reali nelle quali esse si manifestano.

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