LA COLLUSIONE DI COPPIA


* (Stralcio tratto dalla tesi dell’Avv. Di Biagio Emanuele – di Master di 2° livello in Consulente giuridico matrimoniale e mediatore familiare – conseguito presso l’Università degli Studi di Macerata, Facoltà di Giurisprudenza – 2005 – “La collusione di coppia – Terapia e Mediazione).

Nella costruzione della relazione di coppia, assume una grande importanza il livello di autonomia o, viceversa, di coesione nei confronti delle rispettive famiglie d’origine.

In alcune coppie i due coniugi a volte sono ancora troppo figli, ancora troppo occupati nella testa e a volte nei comportamenti a fare i figli, per poter utilizzare al meglio le proprie energie nella costruzione di una adeguata e significativa relazione di coppia.

In realtà si tratta di coppie che non sono tali, che non si sono ancora sposate. Ciascun elemento della coppia porta in sé una propria idea di relazione coniugale, ognuno possiede una propria immagine di come si sta dentro una coppia. La consapevolezza di queste idee e immagini è però parziale, specie nel momento in cui la coppia si conosce e costruisce le basi della propria relazione.

Ovviamente ognuno ha interiorizzato anche un’immagine di relazione genitoriale, e in ogni caso, che ci piaccia o no, il riferimento per ognuno è quello dei propri genitori, sia che sia per somiglianza, che per differenza.

Tale modello, interiorizzato attraverso le esperienze vissute come figli nella propria famiglia, si arricchisce anche all’interno di uno scambio, consapevole o meno, con quanto si osserva nella relazione all’interno di altre coppie.

Per quanto riguarda le coppie che si costruiscono in termini antitetici ai propri genitori, occorre sottolineare che quando ciò accade si realizza una decurtazione della propria autonomia e della propria libertà di scelta nel senso che se una persona fa qualcosa pensando che deve essere totalmente diversa da ciò che ha fatto qualcun’altro non sarà sufficientemente autonomo.

Il livello di autonomia di una coppia è valutabile sulla base di quanto entrambi riescano a disinteressarsi di andare a verificare continuamente quanto sono uguali o diversi dalle famiglie d’origine.

Se un individuo proviene da una situazione familiare troppo coesa, o che diventa troppo invischiata, non riuscirà a riconoscersi o ad attribuirsi alcuna differenza senza rischiare di sentirsi o un traditore, o sleale verso i modelli familiari, o “senza patria”.

Difatti se si percepirà un traditore nella propria testa, si sentirà automaticamente escluso ed emarginato dalla propria famiglia. Ogni espressione, sguardo, atteggiamento diventerà così l’ennesima dimostrazione della propria posizione di esclusione.

Questo significa per esempio che, in una situazione di eccessivo invischiamento, sarà difficile costruire una terza modalità di essere coppia; difatti nell’incontro tra due persone si determina l’incastro tra due modelli familiari acquisiti alle famiglie di origine, per tentare di realizzarne un terzo che non dovrà e non potrà pertanto essere uguale e sovrapponibile alla relazione interiorizzata dell’uno o dell’altra.

In una ottica sistemica relazionale, il risultato della nuova coppia non è dato dalla somma delle due parti, ma sarà qualcosa di nuovo e di diverso, fondato dalle esperienze di entrambi. In altri termini, nel caso di una eccessiva ricerca di autonomia si determinerà una situazione nella quale c’è l’idea e la volontà di non portare con sé nulla dell’esperienza vissuta nella propria famiglia; in pratica non avrà a disposizione “i mattoni di base” per costruire la nuova coppia.

Come si può osservare la scelta del partner coinvolge solo in apparenza due persone; in realtà il rapporto che si instaura presuppone una struttura elementare sottostante di tipo triangolare. Qualsiasi nuovo rapporto intimo presuppone e comporta una serie di confronti con altri rapporti significativi, rispetto ai quali esso deve differenziarsi.

Una coppia funziona adeguatamente allorché riesce ad adattarsi e a favorire lo sviluppo in base alle esigenze connesse con il processo evolutivo dei due individui che la compongono. Ciò avviene quando ciascuno è in grado di utilizzare a favore dell’evoluzione delle proprie potenzialità lo scambio con l’altro.

Potremmo inoltre definire la coppia come la storia di un incontro che dura, l’incontro di due persone che non riescono, per varie ragioni, a separarsi. La coppia è cioè costituita da due persone che hanno vissuto dal momento del loro incontro un legame particolare, un legame d’appartenenza tale da renderli membri di un sottosistema denominata coppia, un insieme particolare che li contiene tutti e due, alla costituzione e al mantenimento del quale tutti e due partecipano.

Ogni coppia, come ogni famiglia, è metaforicamente delimitata da una sorta di membrana che differenza l’esterno dall’interno. Talvolta la membrana che, come una pelle, contiene la coppia è definita da aspetti esterni alla coppia, come le famiglie d’origine o invece da ideali comuni o progetti precodificati. Quando questi ultimi vengono meno, la coppia entra in crisi. Può accadere ad esempio che il sopraggiungere della maternità, la morte di un genitore, il cambiamento dell’ideologia, rompano la membrana e mettano in crisi la coppia. A questo punto si capisce il senso di concetti quali la qualità, l’elasticità, la permeabilità della membrana, quali elementi importanti per l’evoluzione della coppia.

La membrana o confine muta nel corso della vita della coppia permettendo differenti ristrutturazioni. Perché una coppia si costituisca come tale deve esistere un certo grado di integrazione tra i suoi membri.

Molti autori sostengono che il meccanismo che sta alla base del funzionamento di coppia è la collusione1.

Con questo termine si intende una sorta di connivenza inconscia la cui essenza e caratterizzata dall’attribuzione vicendevole di sentimenti condivisi a livello inconscio. Esso è anche un accordo reciproco che determina un rapporto complementare nel quale ciascuno accetta di sviluppare solo delle parti di sé conformemente ai bisogni dell’altro, rinunciando a svilupparne altre che proietta nel compagno.

Quando si parla di collusione si intende una relazione normale ed evolutiva a seconda delle varie fasi del ciclo vitale e degli eventi della vita.
Nella dinamica di coppia ogni partner considera così l’altro una parte esternalizzata di sé, oltre che un oggetto nuovo con cui rapportarsi.

L’utilità di questo meccanismo nella dinamica della coppia è molteplice: esso permette innanzitutto di comunicare, ma anche di controllare, attaccare nell’altro parti rimosse o scisse da sé; ma permette anche in senso positivo il loro sviluppo o la loro messa in atto nella realtà, come avviene ad esempio per la mascolinità e la femminilità. Nella scelta eterosessuale infatti la donna proietterà nel compagno la sua mascolinità e l’uomo proietterà la sua femminilità nella donna in modo che entrambi soddisfano le loro tendenze bisessuali. Ogni partner ricercherà e confermerà la mascolinità o la femminilità dell’altro. Alla luce di ciò il maschile e il femminile prendono piuttosto connotazioni relazionali ed assumono una dimensione relativa, che deve essere valutata all’interno della coppia.

La coppia attiva un processo di trasformazione e conoscenza costituita da:

– conoscere l’altro;

– conoscere sé stesso nell’altro, cioè le proprie parti proiettate nell’altro;

– conoscere sé stessi attraverso l’immagine che l’altro ci rimanda di noi.

In questo senso, possiamo capire la definizione di Freud di matrimonio come “un tentativo originale di guarigione” o “la forma in cui più frequentemente si risolve la nevrosi”. Come oggetto di proiezione, l’altro è sempre perciò il marito o la moglie, l’’amico, il fratello, il genitore.

Tornando al concetto di collusione possiamo così riassumerlo: esso consiste nel fatto che nella costruzione di coppia ciascuno proietta nell’altro una parte scissa di sé. Quando si costruisce una relazione di coppia ognuno va a costruirla con un elemento di sé proiettato nell’altro e che diventa fondamentale perché gli rimanda un’immagine di integrità; si tratta di solito di un elemento di sé non accolto. In questa coppia, finito il periodo di innamoramento, la parte di sé non accolta e proiettata nell’altro diventa una parte da rifiutare e attaccare.

1 È un termine che deriva dal latino cum-ludere, usato per designare l’accordo clandestino fra i gladiatori romani di non farsi troppo male nell’arena. Nel caso della coppia è un accordo reciproco inconscio nel quale ciascuno accetta di sviluppare solo delle parti di Sé, rinunciando a svilupparne altre che proietta sul compagno. Ad esempio, un’uomo in difficoltà con alcuni aspetti della sua identità maschile sceglie una donna grintosa e competitiva che lo solleva dalle necessità sgradite, come fare soldi e carriera oppure, più semplicemente, guidare la macchina. A sua volta la donna che ha delle difficoltà nella sua identificazione femminile sceglie un compagno bravo a cucinare e ad allevare i figli. Oppure, un uomo preciso e razionale ma che non riesce ad esprimere i suoi sentimenti sceglie una donna estroversa che però fatica a contenere le sue emozioni o viceversa. Si determina cioè un rapporto in cui ciascuno è complementare ai bisogni dell’altro. Ciascuno dei partners viene inconsapevolmente delegato dall’altro ad esprimere una parte della sua personalità ed agisce in modo da compensare le carenze dell’altro. L’accordo prevede anche di essere rispettati nelle proprie difficoltà: vietato chiedermi di accudire i bambini se sento di non avere senso materno, vietato domandarmi di cambiare il rubinetto se manco di capacità pratiche. È per questo che chi osserva una coppia a volte ha la sensazione di trovarsi davanti un’unica persona, una personalità congiunta in cui i confini individuali di un partner si sfaldano e si sovrappongono a quelli dell’altro, fenomeno che spesso si collega alla straordinaria somiglianza fisica che i partners assumono con il passare del tempo. Quando questa divisione di compiti e di attitudini non è troppo rigida e consente una certa reversibilità, cioè uno scambio momentaneo delle funzioni, la coppia funziona in modo armonico ed è in grado di superare le piccole e grandi difficoltà della vita. In altre parole quando nel gioco delle parti previsto dalla collusione la coppia è in grado di scambiarsi provvisoriamente i ruoli e di variare il copione quotidiano ha buone probabilità di durare, con reciproca soddisfazione dei partners. Quando invece i ruoli si irrigidiscono i partners si sentono reciprocamente espropriati di aspetti della propria personalità. Ciascuno si sente privato della sua libertà: “Sono stufo di dover essere sempre io a guidare la macchina anche quando sono stanco!”; “Non sopporto che lui non mi lasci mai guidare perché non si fida di me!” Nell’esempio citato la donna vorrebbe guidare, recuperando autonomia e autostima ma teme di non farcela e di perdere il vantaggio di un uomo che si prende cura di lei alleviandole le fatiche. Così approfitta delle difficoltà del compagno a mollare la posizione di controllo per lamentarsi del suo maschilismo, invece di offrire concretamente un’alternativa. Il compagno, invece, vorrebbe tanto lasciarsi andare ad una posizione di maggiore dipendenza ma, allo stesso tempo, teme la passività ed approfitta dei tentennamenti di lei per non cedere il volante. Ciascuno proiettivamente attacca nell’altro una parte di sé: l’uomo attacca la passività della donna perché non è in grado di tollerare dentro di sé il bisogno di dipendenza, che interpreta come segno di fragilità e di debolezza; la donna attacca il decisionismo di lui perché non sopporta di assumersi i rischi di una maggiore responsabilità nel rapporto e l’insicurezza che ne consegue. Insomma, la coppia vorrebbe cambiare il copione ma non ci riesce. All’idealizzazione dell’altro subentra la delusione e l’amarezza. La coppia, in questi casi, rischia di scoppiare. A volte lo scoppio avviene velocemente alle prime difficoltà a cui l’intimità raggiunta nel rapporto mette di fronte. Altre volte, addirittura, lo scoppio è preventivato: si dice: “Ho una storia”, come quelle che si raccontano ai bambini, per tenere lontana la storia con la s maiuscola, che mette paura. Altre volte ancora, come nel caso delle coppie di più lunga durata, lo scoppio è preceduto da una fase sofferta che possiamo definire quella del “né con te né senza di te”. Non si riesce a ritrovare l’equilibrio che si è interrotto, a causa del rancore e della disillusione ma non si riesce a fare a meno della dipendenza dall’altro. In questi casi, la via della autocritica e della comprensione dei propri errori, che offre all’altro la via della riconciliazione è preclusa e i rapporti rischiano di trascinarsi e di consumarsi nel vano tentativo di riprendere una comunicazione che non sia un giudizio o un’accusa nei confronti dell’altro. È allora indicata una psicoterapia di coppia.

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