Il defectus discretionis iudicii nel consenso matrimoniale ( can. 1095, 2°)


 

La norma canonica che prevede l’incapacità consensuale di cui ci stiamo occupando al can. 1095, 2° così recita:

Sunt incapaces matrimonii contrahendi; 2° qui laborant gravi defectu discretionis iudicii circa iura officia matrimonialia essentialia mutuo tradenda et acceptanda

Ciò di cui il canone tratta non è un impedimento istituito dalla legge per il quale il soggetto è giuridicamente incapace di contrarre matrimonio, ma si riferisce ad una carenza o difetto che altera la stessa capacità naturale del soggetto, il quale non è più in grado di consentire in ordine alla costituzione dello stato di vita coniugale1. Un difetto o una carenza che viene ad interessare proprio la facoltà critica, impedendo così nel soggetto l’esercizio di quella maturità specifica ordinata, non già a qualsiasi atto giuridico, bensì ad un atto così singolare responsabilità e gravità che impegna totalmente due persone del dono reciproco di sé per tutta la vita.

2.1 La discretio iudicii

In modo positivo, la discretio iudicii può essere descritta come una facoltà estimativa o deliberativa che viene espressa mediante un atto della ragione.

Questo atto si fonda in un iudicium practicum de rebus agendis, le cui funzioni principali sono la inquisitio o investigatio, e soprattutto, la estimatio, che consiste nel giudicare i pro e i contro delle diverse possibilità che, nel caso del consenso matrimoniale, riguardano questo determinato matrimonio, con questa determinata persona, con la quale condividere la totalità della vita matrimoniale per sempre2.

È chiaro che tale valutazione critica dipende innanzitutto dalla maturità della persona che è capace di considerare ciò che il matrimonio comporta nella sua concreta situazione. È certo altrettanto, che viene ad essere chiamata in causa anche tutta la realtà psicologica ed esistenziale dell’individuo, con il bagaglio di esperienze acquisite nel corso della vita, ed inoltre, presuppone una totale libertà da qualunque condizionamento esterno.

Applicando al matrimonio quanto sino ad ora detto, possiamo sostenere che il giudizio pratico si può realizzare su due livelli. Al primo livello, che denominiamo pratico-speculativo, l’intelletto offre alla volontà un imperativo generale, al quale la volontà consente: per esempio, è bene sposarsi, ma da questo giudizio non segue un’azione immediata. Questa si realizzerà nel momento in cui si entrerà nel secondo livello, dove l’intelletto offre un imperativo più diretto alla volontà in modo che ne segua l’azione. Il consenso matrimoniale è proprio un giudizio pratico al secondo livello che si denomina pratico-pratico3.

Anche la recente giurisprudenza rotale4, descrivendo la discretio iudicii come la capacità umana proveniente da una armonica unione delle facoltà spirituali dell’intelletto e della volontà, per mezzo della quale il contraente può apprezzare prudentemente e assumere con ragionevole deliberazione i gravi doveri inerenti il coniugio, sottolinea che essa non è una mera conoscenza teorica dell’essenza, dei fini e delle proprietà del matrimonio. Questo per dire che si riferisce alla decisione deliberativa della volontà che presuppone necessariamente l’estimazione dei motivi ed il giudizio pratico dell’intelletto riguardo al matrimonio che si contrae.

La dottrina e la giurisprudenza5 evidenziano dunque tre elementi che appartengono alla discretio iudicii :

  1. una retta capacità conoscitiva (speculativa o astratta);

  2. un’adeguata capacità critica (giudizio pratico-pratico);

  3. e la libera decisione della volontà come elemento necessario, giacché si può giungere ad un giudizio pratico su qualcosa come buono e appetibile, ed essere incapaci di decidere per esso6.

Pertanto, la discrezione di giudizio è qualcosa di più della semplice capacità conoscitiva, includendo la capacità critica o estimativa come suo elemento necessario e peculiare.

2.2 Il defectus discretioni iudicii

Procedendo nell’analisi del canone, si deve rilevare che il testo legislativo parla di un grave difetto di discrezione di giudizio inducente la incapacità consensuale di cui stiamo trattando. Se ciò da una parte indica che perché si abbia incapacità a contrarre, non basta qualsiasi lacuna nello psichismo del soggetto, ma è necessario che essa sia tale da generare un difetto di discrezione che sia qualificato come grave, dall’altra parte “non si richiede una totale assenza di discrezione di giudizio per indurre la nullità del matrimonio”7, ma è sufficiente una capacità discretiva che non abbia raggiunto quel livello adeguato richiesto dall’oggetto del suo giudizio, e che è costituito dai diritti-doveri essenziali del matrimonio.

In altre parole, oggetto della discrezione di giudizio sono i diritti-doveri essenziali derivanti dal patto coniugale, da dare ed accettare reciprocamente con una determinata persona, per cui sarà grave quel defectus discretionis iudicii che renda il consenso inadeguato a tale oggetto nel singolo caso e per il quale, di conseguenza, il subente verrà a trovarsi in una condizione impari, sul piano cognitivo, volitivo ed affettivo, rispetto a quei diritti-doveri essenziali.

Bisogna altrettanto precisare, che alla luce della dottrina Conciliare, quest’oggetto non può esaurirsi nella traditio-acceptatio iuris in corpus, ma comprende la communio totius vitae e pertanto l’oggetto su cui ricade la volontà dei nubendi è il matrimonio nella sua totalità, ossia il consortium totius vitae8 del can. 1055 § 1. Il che, in una visione personalistica del matrimonio, equivale a dire che l’oggetto del patto matrimoniale, lungi dal limitarsi al diritto-dovere agli atti propriamente coniugali, si estende fino a comprendere il bonun coniugum, cui l’istituto matrimoniale per sua natura è ordinato9.

Altro elemento importante è la gravità.

È quest’ultima infatti che genera l’incapacità consensuale e pertanto deve essere determinata non astrattamente, ma in concreto e nei singoli casi, inserito nel quadro del consortium totius vitae dei cann. 1055-1057 e delle finalità a cui il matrimonio è, indole sua naturali, ordinato10.

Si tenga inoltre presente, che il canone 1095, 2° non fa alcun riferimento alle cause del grave difetto di discrezione di giudizio e neppure richiede, almeno da quanto si evince dalla lettera dell’enunciato legislativo, che tali cause siano gravi. Se ciò sta ad indicare una differenza di valutazione dell’incapacità di cui si occupa il canone in parola rispetto al n. 3 dello stesso canone, ci sembra di poter dire che il concetto di gravità a cui si fa riferimento nel n. 2, è un concetto cui compete un aspetto anche relativo o soggettivo, oltre a quello oggettivo del richiamo all’essenza del matrimonio11. Ed è quindi su tale intenzionalità che si misura la discretio iudicii, ed il suo grave difetto, venendo questi ad investire l’oggetto del consenso matrimoniale nella sua visione integrale di matrimonio in fieri e matrimonio in facto esse12.

Inoltre, a tutto ciò si deve aggiungere il fatto che la volontà attuale consensuale causativa del vincolo matrimoniale, comporta anche una volontà riguardante il futuro, in quanto i nubendi si promettono l’uno all’altro ora e per sempre.

Ciò postula una proiezione della mente nel futuro per rendersi effettivamente conto concretamente sia del vincolo che sorge dal consenso che si emette, sia dei diritti-doveri susseguenti al patto nuziale con quella determinata persona. Soprattutto, significa accettare e fare proprio un progetto di vita che coinvolge tutta la propria esistenza in comunione con l’altro e quindi, sin dall’inizio, consentire ad un comportamento idoneo ed adeguato alla specifica società coniugale.

In tal modo, la discrezione di giudizio adeguata per stimare i diritti-doveri coniugali essenziali, porterà con sé la corretta valutazione di sé e dell’altro come i reciproci destinatari di un insieme di diritti-doveri che in realtà appartengono alle medesime persone e non si distinguono adeguatamente da esse: vale a dire una attitudine o un modo di vivere la relazione coniugale, non diverso e distinto dalla propria vita, anziché concepire, tali diritti-doveri, come finalità estranee e staccate da essa.

In definitiva, come in un certo senso si può affermare che la fedeltà, l’indissolubilità e l’ordinazione alla procreazione e al bene dei coniugi, come elementi essenziali del matrimonio, hanno consistenza giacché qualificano una relazione concreta come coniugale.

Così si può dire che la capacità richiesta per il consortium totius vitae che è il matrimonio, si può stimare proprio dal configurarsi della concreta relazione esistenziale soggiacente a quei diritti-doveri e dal modo in cui quest’ultimi si percepiscono e si devono vivere in ciascun caso, e quindi non nell’astratto di una relazione ideale, ma nella dualità di una determinata relazione esistente.

1 Cf. J. F. Castano, Studio esegetico-dottrinale sulle tre figure del Can. 1095, in Angelicum, 69 (1992), p. 201.

2 Cf. J. F. Castano, Il sacramento del matrimonio, Roma 1994, pp. 328-334.

3 Cf. R. L. Burke, Grave difetto di discrezione di giudizio: fonte di nullità del consenso matrimoniale, in Aa. Vv., Incapacidad consensual para las obligaciones matrimoniales, Pamplona 1991, p. 148.

4 Cf. c. Bruno, 18.05.1979, in SRR. Dec., 71 (1988), p. 271.

5 Cf. L. Gutierrez Martin, La incapacidad para contraer matrimonio. Comentarios al c. 1095 del Codigo de Derecho para uso de los profesionales del foro, Salamanca 1987, p. 34; M. F. Pompedda, Nevrosi e personalità psicopatiche in rapporto la consenso matrimoniale, in Aa.Vv., Perturbazioni psichiche nel matrimonio canonico, Roma 1976, p.60; c. Ragni, 26.11.1985, in Il Diritto Ecclesiastico, 97 (1986), p. 30; c. Giannecchini, 27.07.1979, in SRR. Dec., 71 (1988), p. 430; c. Davino, 28.03.1979, in SRR. Dec., 71 (1988), p. 113.

6 “Dobbiamo ricordare, proprio per indicare le componenti psichiche del concetto di maturità o di discrezione di giudizio, che esso, riferito al negozio matrimoniale, comporta: 1) una sufficiente conoscenza intellettiva; 2) una sufficiente valutazione critica (sia del negozio in sé, sia dei motivi per contrarlo, sia dell’incidenza del negozio stesso sulla persona del contraente); 3) una sufficiente libertà interna( sia nel valutare i motivi, cioè nel deliberare, sia nel dominare gli impulsi o i condizionamenti interni)” . M. F. Pompedda, Maturità psichica e matrimonio nei cann. 1095 e 1096, in Apollinaris, 57 (1984), p. 134.

7 M. F. Pompedda, Incapacità di natura psichica (can. 1095), in Aa. Vv., Matrimonio canonico fra tradizione e rinnovamento, Bologna 1991, p. 232.

8 L’<espressione – totius vitae consortium – suscita immediatamente il pensiero di un’unione, di una consociazione, di un’immedesimazione nella stessa sorte di due soggetti, uomo e donna (maschio e femmina): sorte comune di tutta la vita, integralmente sia in senso spaziale (in ogni aspetto della loro vita) sia in senso temporale (per sempre)>. M. F. Pompedda, Annotazioni sul diritto matrimoniale nel nuovo Codice Canonico, in: Aa. Vv., Il matrimonio nel nuovo Codice di Diritto Canonico, Padova 1984, p. 119.

9 Can. 1055 § 1 “Matrimoniale foedus, quo vir et mulier inter se totius vitae consortium constituunt, indole sua naturali ad bonum coniugum atque ad prolis generationem et educationem ordinatum, a Christo Domino ad sacramenti dignitatem inter baptizatos evectum est”. Pertanto, dal combinato disposto dei canoni 1055-1057, si può affermare che l’essenza del matrimonio, da cui derivano i diritti-doveri essenziali a cui la discretio iudicii fa riferimento, debba essere costituita da questi elementi: il consorzio tra l’uomo e la donna coinvolgente tutta la vita; perpetuo ed esclusivo; ordinato al bene dei coniugi ed alla generazione ed educazione della prole.

10 In una c. Raad del 14.04.1975 non pubblicata e riportata da P. A. Bonnet, La communauté de vie conjugale en droit canonique, in Revue de Droit Canonique, 37 (1987), p. 59, l’illustre ponente cita un catalogo formulato da Lesage P. G. che vuole essere solo indicativo ma non limitativo di tali elementi essenziali quali ad esempio: 1) l’amore oblativo che procura il bene dell’altro; 2) il rispetto della morale coniugale e della coscienza del partner nelle relazioni sessuali; 3) il rispetto della personalità del partner; 4) la responsabilità di entrambi nello stabilire una amitié conjugale; 5) la responsabilità di entrambi nella conduzione del menage familiare; 6) la responsabilità morale e psicologica nel mettere al mondo dei figli; 7) la responsabilità comune nella crescita e nella educazione dei figli (…). Cf. P. G. Lesage, The consortium vitae coniugalis. Nature and application, in Studia Canonica, 6 (1972), pp. 99-104.

11 Se il consenso matrimoniale, il cui oggetto formale è il foedus irrevocabile del can. 1057 § 2, ha per oggetto materiale il consortium totius vitae del can. 1055 § 1 su cui ricade la volontà dei nubendi, e se tale consortium è, per sua natura, ordinato al bonun coniugum atque prolis generationem et educationem, ne consegue che, nel progetto degli sposi, l’intenzionalità è unica, ed abbraccia tutta la realtà personale ed esistenziale dei coniugi insieme a tutto ciò che costituisce il complesso della concreta vita coniugale.

12 “Cum ultro concedatur relationem interpersonalem maiorem vel minorem posse apud diversos nupturientes perfectionem attingere, nequaquam tamen licebit asserere eam ad perfectius vel optabile matrimonium ideale totam pertinere, cum proprietatem essentialem cuiuscumque matrimonii in fieri, iuxta dieta, constituat: qua penitus deficiente, et ipsum matrimonium corruit”. c. Serrano, 05.04.1973, in SRR. Dec., 65 (1982), p. 327.

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